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22/07/2002
Resoconto di Genova 2002.
Genova, 20 luglio 2002 - Siamo partiti alle nove e un quarto da Roma Ostiense. Eravamo un centinaio abbondante, ma molti altri avevano preso gli altri treni che partivano prima del nostro.
Siamo capitati nello scompartimento con due ragazze ed un ragazzo. Lui diceva di essere un precario, si stupiva del fatto che Alessandra avesse le ferie pagate e che io quando potevo me ne andavo a fare un viaggetto, perché lui era uscito solo una volta dItalia, ed era andato a Lugano.
Siamo arrivati alle quattro, siamo andati subito a Piazza Alimonda, a dare il nostro tributo a Carlo Giuliani e la sua famiglia. La piazza era stracolma, cera chi faceva un comizio, chi suonava, chi beveva vino acquistato in uno dei pochi locali aperti a Genova, chi sostava davanti allaltarino improvvisato a terra, proprio lì dove gli avevano sparato.
La signora Haidi ed il Signor Giuliano Giuliani erano seduti proprio lì per terra, accanto ai semplici oggetti lasciati dai ragazzi, una copia de Il Manifesto, delle poesie, bottiglie di birra, un palloncino colorato, una bandiera della Roma, e naturalmente molti fiori.
Alle 17,27, lora dellomicidio, ancor prima che le sirene del porto suonassero a lutto, un lungo applauso ha attraversato Genova, un applauso interminabile, intenso, forte. Il popolo di Seattle si stringeva in qual momento attorno alla famiglia Giuliani, ma accusava nello stesso momento lo Stato, lopposizione immobile, la maggioranza squadrista, la polizia assassina. Ma era anche un applauso di incoraggiamento, per non mollare, per continuare la lotta, perché nessun morto ammazzato riuscirà a fermarla.
Intorno alle 18.00 il corteo è già partito tutto, lento, un po disordinato, ma tutto. La gente si guarda intorno. Cazzo, ma siamo molti di più di 20.000. Sì, perché tutti si aspettavano quella cifra, dopo un anno di cortei, il movimento aveva speso moltissimo, stava attraversando un momento difficile, le ultime uscite non erano state esaltanti.
Ed invece no, questa volta il popolo ha risposto alla grande, perché le prime cifre parlano di centomila, forse di +, anche il doppio. E poi, mi dice un signore di Genova, quando la questura dice centomila, vuol dire sempre che siamo tre volte tanti. E forse ha ragione.
Il corteo si snoda in un serpentone lungo parecchi chilometri, ogni volta che proviamo a risalirlo ed a cercare la testa non ci riusciamo. La gente urla Carlo è vivo e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai. La polizia questa volta si vede poco, e si vede. Si vede perché questa volta non ci sono incidenti, non ci sono pestaggi, non ci sono assassini. Quando compaiono alcuni poliziotti dietro un angolo, qualcuno li insulta, parte qualche coro, ma niente di più. Arriviamo vicino la stazione Principe, dopo aver passato le gallerie, dove un assordante Bella Ciao fa venire i brividi. Il coro sembra non finire mai, perché quelli che entrano da una parte ricominciano a cantare e quelli che escono sono tutti rossi dallemozione. Stavolta cè la CIGIL, ci sono i disobbedienti naturalmente, i centri sociali, altri sindacati, FIOM, COBAS, gli ambientalisti, Rifondazione Comunista e tutti i senza etichetta. Come noi. Il corteo arriva fino al porto nuovo, lanno scorso residenza lussureggiante della stampa. Tutti ci sdraiamo per terra esausti, cè chi fuma, chi beve, chi parla, tutti con un gran sorriso stampato. Dopo le otto il porto è una distesa di giovani che suonano e ballano, dormono e si divertono. Cerchiamo di andare al concerto, ma scopriamo che costa 5 euro e quindi non entriamo. Un ragazzo di colore mi dice: fanno pagare, questo è contrario allo spirito del movimento. Ha ragione. Un altro urla bastardi, sciacalli, aprite quel cancello, lanno scorso ne abbiamo visti pure troppi di cancelli! Ma loro non aprono, e quindi al concerto i più oltranzisti non ci vanno, perché far pagare oggi vuol dire essere davvero degli sciacalli. Tanto fuori ci sono i migranti coi tamburi, le ragazze sono bellissime ed io sdraiato sul cemento guardo Genova libera. E mi sento di nuovo vivo.
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