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26/11/2004
Doping alla Juve? Aveva ragione Zeman

di MARCO TRAVAGLIO

TORINO - Pare passato un secolo, da quel giorno di fine luglio del '98 quando Zdenek Zeman dichiarò all'Espresso che il calcio era finito in farmacia. Gli diedero del pazzo, del calunniatore, del visionario, assicurando che "nel mondo del pallone il doping non esiste". Poi si capì che non lo cercavano, per questo - ufficialmente - non esisteva. E saltò il laboratorio Coni dell'Acqua Acetosa. Ora, per la prima volta nella storia del calcio italiano (e non solo), una società viene condannata per doping. Ed è la più prestigiosa e blasonata d'Europa: la Juventus. Questa, al di là delle analisi e delle sottigliezze sul dispositivo della sentenza emessa stamane dal giudice Giuseppe Casalbore, è la sostanza dell'ultimo atto del processo di primo grado all'amministratore delegato bianconero Antonio Giraudo (assolto) e al capo dello staff medico Riccardo Agricola (condannato). Pienamente confermato il cuore dell'accusa, sostenuta con pazienza e determinazione in questi anni dal procuratore aggiunto Raffaele Guariniello e dai suoi sostituti Sara Panelli e Gianfranco Colace. L'accusa principale intorno a cui sono ruotati questi sei anni di indagini, udienza preliminare e dibattimento era la frode sportiva mediante "somministrazione sistematica di eritropoietina" (la famigerata e vietatissima Epo) e mediante l'abuso di farmaci su atleti sani.

Quest'accusa, dislocata alle lettere g), h) e i) del capo d'imputazione, è stata ritenuta fondata dal giudice a carico del dottor Agricola. Sia sul versante della frode sportiva, in base alla legge 401 del 1989 (che punisce chi compie atti fraudolenti per alterare i risultati delle competizioni sportive), sia su quello della somministrazione di farmaci e creatina in maniera pericolosa per la salute degli atleti (articolo 445 del Codice penale).

Traduzione: secondo il Tribunale di Torino, la Juventus ha "dopato" i suoi giocatori con l'Epo e altri farmaci, in parte vietati, in parte leciti ma solo per curare patologie (in questo caso inesistenti), nelle stagioni comprese fra il 1994 al 1998. Le prime quattro stagioni dell'era Lippi, sotto la regia della nuova dirigenza Giraudo-Moggi-Bettega, contrassegnate da una messe di successi (una Champions League e tre scudetti). Ora su quei titoli sportivi si pronunceranno i giudici della Federcalcio e dell'Uefa, sempreché la condanna di Agricola "regga" dinanzi alla Corte d'appello, alla quale i difensori hanno già annunciato ricorso.

Il giudice Casalbore, smentendo le insinuazioni di alcuni difensori che lo dipingevano come "appiattito" sulle posizioni dei pubblici ministeri, ha emesso un verdetto complesso, che per essere compreso appieno richiederà un'attenta lettura delle motivazioni (arriveranno fra tre mesi). Ma che già emerge con sufficiente chiarezza. Sul doping e sulla conseguente accusa di mettere a repentaglio la salute dei giocatori, Giraudo viene assolto con la formula del comma 2 dell'articolo 530 del Codice di procedura penale: quella che assorbe la vecchia insufficienza di prove ("quando la prova è contraddittoria o insufficiente"). Nel processo, secondo il Tribunale, non sono emersi elementi bastanti a dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che l'amministratore delegato sapesse quel che faceva Agricola. Fino all'ultimo i pm avevano valutato la possibilità di chiedere l'assoluzione di Giraudo, ma poi avevano optato per una richiesta di condanna, sia pure più blanda rispetto ad Agricola, sulla base di una "prova logica", indiziaria: visti i costi abnormi dell'Epo, era impensabile che il medico li sostenesse senza avvertire il suo diretto superiore, che stanziava i fondi per i medicinali e firmava i bilanci.

Per il giudice, tutto questo non basta. Mancano le impronte digitali, cioè documenti o testimonianze che assicurino che Giraudo era d'accordo (nell'arringa, i suoi difensori avevano osservato che, semmai, il medico rispondeva al direttore sportivo Luciano Moggi, non all'amministratore delegato).

In ogni caso è di Agricola e delle sue pratiche che si è parlato soprattutto in questi tre anni di dibattimento. Non di Giraudo. Insieme alla frode sportiva e alla somministrazione dannosa di farmaci, i due imputati erano accusati anche di falso materiale, per la strana triangolazione di ricette con cui la Juventus - complice il farmacista Rossano - si procurava medicinali a esclusivo uso ospedaliero. Anche questa accusa è stata confermata, ma solo per Rossano (che ha patteggiato 5 mesi), mentre Giraudo è stato assolto con formula piena e Agricola con formula "dubitativa" (il solito art. 530 comma 2). Un'altra, la creazione di una farmacia abusiva contro la legge 538/92, è caduta in prescrizione. Per le tre imputazioni minori (presunta violazione della legge 626/94 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e presunti test irregolari sull'Aids e sul testosterone sui calciatori), invece, è scattata l'assoluzione piena.

Tutto questo, per l'avvocato Luigi Chiappero (difensore di Agricola insieme a Emiliana Olivieri), è un "pareggio in trasferta". Metafora infelice, visto che il capo g) per cui Agricola è stato condannato a 1 anno e 10 mesi di reclusione recita testualmente: "... aver sottoposto i giocatori a metodi doping proibiti e in particolare la somministrazione di specialità medicinali atte a stimolare l'eritropoiesi quali l'eritropoietina umana ricombinata a pratiche di tipo trasfusionali, ricorrendone il divieto", il tutto "dal luglio 1994 all'ottobre 1998". Per una sentenza così infamante, forse, è più appropriato il commento di un altro avvocato, Paolo Trofino, che difende Giraudo insieme ad Anna Chiusano: "Abbiamo segnato un bel gol con Giraudo, ma con Agricola abbiamo perso la partita".
(26 novembre 2004)